giovedì 18 maggio 2017

"45 giri", recensione di Anna Maria Balzano

L’illusione e l'inganno della “presa di coscienza”...
Anni sessanta a Roma. Quartiere Parioli. Avere diciotto o vent’anni in quegli anni e in quel quartiere significava poter sperare in un futuro di benessere e prosperità. C’era la passione per le moto e per la musica, le riunioni con gli amici nelle “cantine”, le sigarette sempre accese, i primi amori incerti e appassionati. Questo era il mondo di Filippo, detto Fil dagli amici, Pippo dai familiari, il protagonista di 45 giri, l’ultimo romanzo di Alessandro Vuccino, e questo era il mondo di Valeria, esile e minuta, ma decisa e determinata. E poi c’era Alberto, un po’ più vecchio, di altra estrazione sociale, ma saggio e esperto nel riparare e truccare moto e automobili. Sullo sfondo la Roma di Piazza Euclide e Villa Glori, di Vigna Clara e della collina Fleming. Tra ore dedicate frettolosamente allo studio e ore trascorse con gli amici, tra estati passate al mare in località alla moda, la vita di questi ragazzi sembrava scorrere al riparo dai veri problemi esistenziali che erano al contrario al centro di un’altra gioventù, quella emarginata del sottoproletariato urbano, già descritta nei Ragazzi di vita e in Una vita violenta da Pier Paolo Pasolini. Proprio queste due realtà furono in quegli anni destinate a scontrarsi sul piano ideologico e politico dando luogo a contestazioni e lotte di classe. Molti furono i giovani che si appassionarono alla politica, molti tuttavia rimasero sopraffatti da dubbi e incertezze. 



Le ultime bellissime pagine del libro di Vuccino sono illuminanti per quello che oggi ci appare come l’illusione e l’inganno di quegli anni di speranza: 
«Li vedi, loro? Loro vivranno un mondo diverso. Noi abbiamo visto solo l’inizio… Valeria, Cindy, si muoveranno in una società più giusta! È la forza della gente, delle masse. Saranno tutti guidati in modo migliore. I governi saranno costretti a dare ascolto al popolo. […] Ci sarà giustizia finalmente ed equità».
Oggi queste parole suonano come una cocente accusa e troppo facile e semplicistico sarebbe qui stabilire a chi vada attribuita la responsabilità di tale disillusione. Viene spontaneo infine chiedersi, dopo aver letto questo romanzo, cosa distingua i giovani di oggi da quelli di ieri. Alle generazioni più vecchie sentiamo sempre ripetere come il passato fosse migliore del presente, come i giovani di una volta fossero più motivati di quelli di oggi. Eppure di ciò esse sono in massima parte responsabili. 
L’estinguersi delle ideologie e un diffuso senso di rassegnazione rischia di trasformare la gioventù del passato, amante della musica e delle moto in una generazione di “sdraiati” come li ha definiti Michele Serra.
Con il piacevole espediente della fiction, Alessandro Vuccino ha scritto un interessante romanzo storico.

Anna Maria Balzano

Per saperne di più sul libro, v, scheda 45 giri