venerdì 16 maggio 2025

Illyés Gyula

 



Illyés Gyula (1902-1983) è un intellettuale razionalista e molto radicato nelle tradizioni. Può essere considerato il vate nazionale. Sono invero i fatti, le aspirazioni, le preoccupazioni di tutto il paese che attraverso la poesia egli cerca di rappresentare per risolvere.

Illyés Gyula nacque nel 1902 Rácegerespuszta, nella provincia di Tolna, da una famiglia contadina e studiò a Kaposvár. Implicato nel primo dopoguerra in un moto insurrezionale per la riforma agraria, dovette fuggire dall’Ungheria. Si ritirò a Parigi dove visse, come scaricatore di porto, commesso di legatoria e insegnante di francese, studiando contemporaneamente alla Sorbona e facendo conoscenza con l’avanguardia poetica francese. Frutto di questo soggiorno furono A francia irodalom kincsesháza (Tesoro della letteratura francese”) e il suo scritto autobiografico Hunok Párizsban (Unni a Parigi”). Dopo il reimpatrio, lavorò come impiegato presso una società di assicurazioni e poi per la banca nazionale. Negli anni Venti si inserì nella vita letteraria ungherese. Vinse più volte il premio Baumgarten. Babits Mihály lo prese con sé nella direzione della rivista Nyugat” che Illyés continuò dopo la morte dell’amico con il titolo di Magyar csillag”. La stella magiara, redatta da Illyés tra il 1941 e il 1944, fu l’ultimo organo artistico della cultura europea in Ungheria all’epoca della guerra mondiale, un rifugio per gli scrittori ungheresi perseguitati per la loro origine ebraica o per i loro ideali politici, tanto che la pubblicazione fu vietata dopo l’occupazione tedesca del paese nel 1944. Partecipò al movimento del fronte di marzo e alla fondazione della rivista del movimento, Válasz”; cessata la rivista per la morte del fondatore e direttore, Illyés la ripristinò nel 1946.

Fin dalla pubblicazione della sua opera sociografica intitolata Puszták népe (“Popolo delle steppe”) (simile a Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi) nel 1936 egli era considerato come capo spirituale degli scrittori sociografi: per la prima volta rappresentò davvero fedelmente la dura vita dei braccianti nei latifondi signorili. Il titolo ha il significato di una metafora: invece di rappresentare un popolo che vaga nella puszta affrancato e infine beatificato, Puszták népe distrugge il quadro idilliaco dei villaggi rurali.

Illyés faceva parte della direzione del Nemzeti parasztpárt (Partito nazionale contadino), formato per lo più da intellettuali e contadini istruiti che lottavano per la riforma agraria. Partecipò alle attività della Società Bartha Miklós, organizzazione dei giovani di orientamento populistico. A differenza dei suoi compagni poeti restò nell’associazione anche dopo la svolta a destra, divenendo membro del partito nazionalsocialista ungherese. Così sintetizza in un appunto del Diario nel 1935: «Ho sempre avuto un unico obbiettivo. Migliorare il destino dei contadini senza terra e dei braccianti. Per raggiungere questo scopo mi unisco a chiunque».

Nei suoi poemi lirici, Három öreg (Tre vecchi”, 1931) e Fiatalság (Gioventù”, 1932) scrisse i suoi ricordi d’infanzia in campagna tra la povera gente; sul piano tematico accetta gli ideali del movimento populista, mentre dal punto di vista espressivo dà vita a un verso sciolto molto equilibrato. Nelle sue poesie, raccolte nel volume Szembenézni (“Guardando in faccia la storia”, 1947) esprime il desiderio di un rinnovamento democratico dell’Ungheria. Le illusioni sulla costruzione di una società migliore furono spazzate via dall’ascesa al potere dei comunisti e dalla politica antidemocratica e anticontadina della dittatura proletaria. Negli anni Cinquanta Illyés fu messo da parte dalla nuova politica culturale. Egli poté dare alle stampe un nuovo volume di poesie alla vigilia della rivoluzione del ’56, Kézfogások (“Strette di mano”). Durante la rivoluzione fece pubblicare su Irodalmi Újság (“Gazzetta letteraria”) l’ode Egy mondat a zsarnokságról (“Una frase sulla tirannia”), una denuncia retorica dell’atmosfera disumana dell’oppressione dello stato totalitario. Negli anni Sessanta divenne il punto di riferimento dei nuovi intellettuali di origine contadina.

Alcuni suoi drammai storici, Fáklyaláng (Alla luce della fiaccole”, 1952), Tiszták (I catari”, 1973) ebbero un ruolo importante nella formazione della coscienza storica ungherese nel secondo dopoguerra. 

A testimoniare la poliedricità di Gyula Illyés è anche la sua raccolta di fiabe intitolata Hetvenhét magyar népmese (“Settentasette fiabe popoli ungheresi”), opera letteraria in cui l’elemento etnografico passa in secondo piano facendo prevalete lo stile dell’autore. Rifacendosi ai caratteristici tòpoi della letteratura popolare, Illyés dà vita a una godibile raccolta di fiabe che presentano al lettore una gamma sterminata di personaggi e luoghi della tradizione popolare ungherese: si passa dall’albero che tocca al cielo, allo sárkány, dalla principessa dispettosa, alla tündér, dalla malefica vasorrú bába al táltos.

 


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