venerdì 14 gennaio 2022

Cronaca del Baltico in fiamme, la recensione del Sole 24 ore

 


LE LOTTE DEL ‘500 PER I MERCATI CON SBOCCO SUL MARE

Balthasar Russow

 

Il Sole 24 ore

Recensione di Armando Torno

 

Ivan, figlio di Vasilij III, quarto dei gran principi di Mosca, il 13 dicembre 1546 dinanzi al metropolita e ai bojari dichiarò di assumere il titolo di zar della Russia universa. Si sentiva il discendente dei romani imperatori e luogotenente di Dio. Nato nel 1530, morirà nel 1584; da quel momento diventa Ivan il Minaccioso (Groznyi), che in altri idiomi fu inteso come “Terribile”.

Si sarebbe potuto tradurre anche “Spaventoso”, ma quel “Terribile” si rivelò perfetto. In una lettera del 1577 al principe Andrej Kurbskij, lo zar scrive: «Sebbene i miei delitti siano più numerosi dei granelli della sabbia marina, pure spero nella divina grazia». Se si volessero conoscere alcuni dei suoi crimini, eccoli in un testo nella prima traduzione italiana. Si tratta della cinquecentesca Cronaca del Baltico in fiamme del pastore Balthasar Russow, vergata in basso tedesco e curata da Piero Bugiani. L’opera narra lo scontro tra russi, svedesi, polacchi-lituani e danesi; le pagine sembrano un campo di battaglia con avidi mercenari (non pochi sono scozzesi e calvinisti).


Un libro che parla della Guerra di Livonia, combattuta tra il 1558 e il 1583, nella regione baltica estesa tra la Lettonia e l’Estonia. Area di transito di popoli presto entrati in contrasto, questa terra fece il suo ingresso nella storia europea dal IX secolo, quando scandinavi, russi, lituani iniziarono a percorrerla. I tedeschi arrivarono nel XII secolo per evangelizzare (e conquistare).

Russow, secondo Bugiani, è un estone; sufficientemente equidistante da russi (considerati feroci) e tedeschi (maestri nell’opprimere). Le crudeltà ideate dalle schiere zariste evocano Ivan e si consumano a Wenden: «Diversi uomini prima li frustò, poi, feriti e sanguinanti, li gettò vivi nel fiume. A un borgomastro che ancora respirava fece estrarre il cuore, a un predicatore strappò la lingua dalla gola; i restanti vennero ammazzati tra inauditi martiri e sofferenze». Infine «accatastò in un unico mucchio i corpi degli uccisi, dandoli in pasto a uccelli, cani e bestie selvatiche». E le violenze su donne e bimbi a Novgorod? Tantissime, tanto che «il letto del fiume fu completamente ostruito dai cadaveri».

I tedeschi? Specialisti nelle punizioni corporali e rapaci con roba e denaro. «Quando un contadino e sua moglie morivano – scrive Russow – e lasciavano dei bambini, i figli venivano presi in custodia: rimanevano nudi, senza niente, presso il focolare dello junker oppure andavano a mendicare in città senza ereditare i beni paterni, mentre il padrone si appropriava di tutto ciò che i loro genitori avevano abbandonato». Che dire? Sono cinquecenteschi esempi di lotte per i mercati con lo sbocco sul mare.

 


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