martedì 24 ottobre 2023

L’umanità perduta di Valerio Ragazzini

 


Abbiamo qui con noi Valerio Ragazzini, autore per Tracce ǝ Ombre di La veglia dei corpi. Per rompere il ghiaccio, raccontaci qualcosa di te: quanti anni hai, dove vivi, e come mai hai deciso di scrivere?

Ho trentatré anni, sono nato e vivo attualmente a Faenza. Mi sono avvicinato alla scrittura quando mi sono avvicinato alla lettura. Ho iniziato tardi a leggere, nell’adolescenza, e ho cominciato dal teatro (Shakespeare e Ibsen in particolare) per una sorta di pigrizia. Il primo vero e proprio libro in prosa che ho letto è stato Le notti bianche di Dostoevskij e in quel momento ho iniziato anche a scrivere. Credo, come molti, di avere a lungo cercato una forma artistica per esprimere qualcosa e di averla finalmente trovata nella scrittura.
Mi sono spesso chiesto perché si scriva: credo lo si faccia per i più svariati motivi, ma per quanto mi riguarda ci sono delle cose, sensazioni, sentimenti, pulsioni, che non riuscirei a esprimere in altra maniera se non attraverso la scrittura.


Perché, per La veglia dei corpi, hai scelto la forma narrativa dei racconti?

Il racconto resta, per me, la migliore forma della prosa. Benché in Italia i racconti siano sempre un po’ sottostimati, credo costituiscano la sfida più alta per uno scrittore. Il racconto non ammette divagazioni, non ammette sbavature, deve andare dritto al punto. I racconti sono congegni dove niente è casuale, dove ogni parola ha un ruolo preciso, come in una orchestra.

Da dove nasce l’idea alla base dei racconti La veglia dei corpi?

La veglia dei corpi raccoglie sette racconti cupi e surreali, probabilmente nati in un periodo della mia vita segnato dalla perdita di persone care. Il tema dominante è sicuramente la morte, e di quanto questa sia diventata estranea, assurda, irreale nella società odierna. L’idea, o meglio la sensazione, è che la civiltà sia andata oltre l’uomo, non in senso fantascientifico, ma piuttosto come se proseguisse la sua sterile vita senza l’umanità. Che siano amministrazioni, o istituzioni, o figure di potere come ispettori o notai, nei racconti queste entità continuano un’esistenza mortuaria, priva di vita, come marionette in decomposizione.

Dai tuoi racconti traspare una certa sfiducia nel genere umano. Potresti dirci qualcosa in più al riguardo?

Io credo che oggigiorno difficilmente un’opera letteraria (o che aspiri a essere tale) possa trasmettere fiducia nel genere umano senza sembrare falsa, e l’autenticità è la conditio prima in letteratura. Credo però che i miei racconti, sebbene segnati dallo sconforto, dall’oscurità e dal dolore, nascondano dei bagliori laddove emerge l’umanità (o quel che ne resta). Laddove si manifesta ancora l’umanità di un personaggio, sia in un eccesso di rabbia, sia nella vergogna, sia nella volontà di salvare qualcuno, ecco, in questi casi si intravedono dei bagliori nella fitta oscurità. E se la salvezza non sarà alla fine raggiunta, poco importa; in una situazione già disperata, è il tentare che salva.

Qual è, se c’è, il libro migliore che hai letto, quello che ti ha cambiato la vita?

Il libro che più mi ha segnato è Delitto e castigo di Dostoevskij, anche se tutti i libri che in qualche modo amiamo ci cambiano un pochino. Tutta quella letteratura surreale e fantastica, autori come Buzzati, Landolfi e molti altri, mi hanno permesso di “sentirmi a casa”.

Cosa vuol dire, secondo te, avere successo come scrittore?

Nella storia della letteratura ci sono stati scrittori che in vita hanno venduto migliaia e migliaia di copie e goduto di una certa fama, ma che oggi sono del tutto dimenticati. Viceversa, ci sono stati scrittori che in vita non hanno avuto alcun successo (come Campana o Morselli) per poi raggiungere il giusto riconoscimento dopo morti. Al di là della retorica e di quanto sia ingiusto e sbagliato questo sistema, credo si debba serenamente accettare che il successo di un autore si determini in base alla traccia che lascerà nella letteratura. Il successo vero è per lo più postumo.


mercoledì 11 ottobre 2023

La ricetta di Tracce ǝ Ombre


A marzo 2023 è nata ufficialmente Tracce ǝ Ombre, marchio di Vocifuoriscena interamente dedicato alla letteratura contemporanea.
Sai che notizia, penserete, di case editrici così ce ne sono più di diecimila in Italia.
Tutto vero. E, se vi prenderete la briga di andare a controllare sul sito di Tracce ǝ Ombre, scoprirete tre cose che vi faranno ancor più storcere il naso: 

1. i presupposti editoriali sono molto simili a quelli della collana di letteratura italiana di Vocifuoriscena

2. ci lavorano esattamente le stesse persone (tra le quali, la sottoscritta); 

3. l’impostazione del sito è la copia sputata di quello di Vocifuoriscena. 

La domanda che sorge spontanea è: perché questa apparentemente inutile duplicazione?

A tutti voi sarà capitato di aprire un ristorante a conduzione familiare. Dentro avete voluto a tutti i costi la nonna, che sa cucinare ogni piatto di pesce a occhi chiusi, la suocera, famosa dalle Alpi a Lampedusa per le sue lasagne al bergamotto, lo zio, incontrastato re delle grigliate, il genero pizzaiolo che ne sforna dieci al colpo, e, già che ci eravate, Imerio, specializzato in cucina erotico-meditativa. 

Quando qualcuno vi diceva «Certo che ne avete di coraggio!», vi prendevate il lusso di sorridere con una punta di orgoglio, senza afferrare neanche di striscio la sottesa nota di sarcasmo. 

Ma poi, seppur con estenuante lentezza, siete dovuti giungere alla seguente e inevitabile conclusione: i clienti del ristorante ordinavano quasi esclusivamente lasagne al bergamotto. Comparivano articoli e recensioni, addirittura, sulle vostre lasagne al bergamotto, mentre pizze, grigliate, cucina erotico-meditativa e strepitose pepate di cozze passavano in sordina, quasi non esistessero. 

Cosa fare, dunque? Ed ecco la pensata: lasciare al primo ristorante la sua fama di lasagneria al bergamotto, e aprirne un secondo in cui proporre tutto il resto. 

Nel nostro caso, la parte delle lasagne al bergamotto è data dall’interesse per gli studi etnologici e filologici, nonché per la letteratura relativa a certuni popoli e Paesi: Vocifuoriscena ormai si identifica quasi solo per questa “prelibatezza” letteraria, e i tanti riconoscimenti e apprezzamenti non possono che renderci orgogliosi. Tuttavia, sappiamo di aver curato e di curare con altrettanto amore e passione anche gli altri piatti, e sarebbe un peccato condannare i nostri avventori a non gustarne la particolarità di accostamenti e sapori. 


Per questa ragione in Tracce ǝ Ombre abbiamo predisposto un menù con proposte appetitose per ogni palato… Anzi, no – cosa sto dicendo? – non per ogni palato. “Accontentare tutti” non è il nostro obiettivo, perché – non so se ci avete fatto caso – di solito ciò che piace a tutti è tremendamente piatto, scontato, reazionario, accomodante e soporifero.
E questo vale in cucina come in letteratura.
Solo che, mentre nel primo caso il danno è contenuto (mangiare una pasta senza infamia né lode è cosa che chiunque, tranne mia figlia, dimentica in fretta), nel secondo ha effetti dannosi e duraturi e, quel che è peggio, del tutto inconsapevoli: cibarsi di letteratura autoreferenziale, che offre solo un momentaneo senso di appagamento, crea dipendenza, atrofizza il cervello ed è considerata, secondo gli ultimi studi di “Science”, una delle principali cause della calvizie sottocutanea e del gomito a incasso. 

Al contrario, un’opera d’arte degna di tal nome, come sosteneva Hans Georg Gadamer, dovrebbe essere «lo sconvolgimento ed il crollo di tutto ciò che è usuale». Qualcosa che scuote, fa riflettere e che ci dice non solo «questo sei tu» (autoreferenzialità), ma anche, se non soprattutto, «tu devi cambiare la tua vita»

Diciamoci la verità: non è facile incappare in libri del genere. E non ho la presunzione di venirvi a raccontare che i libri di Tracce ǝ Ombre vi porteranno a simili rimescolamenti delle carte interiori. Ma una cosa sì, la posso dire: il nostro criterio non è pubblicare opere che si leggano “tutto d’un fiato”, giusto per distrarsi, staccare la spina e poi tornare alla solita routine, per alcuni forse anche molto soddisfacente, ma per la maggior parte triste e vuota come il frigorifero di uno scapolo.

Se così facessimo, sono convinta che tradiremmo la fiducia dei lettori. Ecco perché pubblichiamo e continueremo a pubblicare opere che non siano riducibili a un mero passatempo, ma che al contrario stimolino domande, dubbi, critiche, perplessità. Opere che inducano a pensare con la propria testa, che suscitino stupore, che facciano sudare fatica e magari incazzare, anziché offrire scontati lieti fine e risposte prefabbricate.

Questa è, per restare nel parallelo, anche la politica di un ristorante a cinque stelle: i piatti sono ricercati, curati nel dettaglio e nulla è lasciato al caso. Perché gli chef sanno quanto è importante sorprendere il palato, così come sanno che i clienti più esigenti li criticheranno, che quasi tutti si incazzeranno al momento di pagare il conto, ma che torneranno comunque perché da loro si mangia divinamente.

Claudia Maschio