domenica 1 novembre 2020

"Thanathopia", recensione di Oliviero Canetti

 

Rubén Darío, Thanathopia. Racconti fantastici, esoterici e del terrore, a cura di Anna Laura Perugini


«...quella figura si voltò verso di me, scoprì il volto e, oh, spavento degli spaventi!, quel viso era vischioso e marcio; un occhio penzolava sulla guancia ossuta e putrida; arrivò a me un umore di putrefazione.
» (La larva)


Vi segnaliamo la recensione scritta dal professor Oliviero Canetti relativa al volume Thanathopia, opera dello scrittore nicaraguense Rubén Darío (1867-1916), una delle penne più influenti della letteratura ispanoamericana del suo tempo. 


La recensione 


«Era un bambino. Era immensamente buono... Né or­goglioso, né astioso, né ambizioso. Non aveva nes­­suno dei peccati angelici, lontano più di ogni altro dai pec­cati dia­bolici, non conosceva altri peccati che quelli del­la carne. La sua anima era purissima.» In queste parole, Ra­­món María del Valle-Inclán racchiuse lo spirito e il carattere di Rubén Darío, appena scomparso: tra i due grandi scrit­tori era corsa un’amicizia pari soltanto alla reciproca ammirazione

Definizione in fondo paradossale, in quan­­to il gran­de poeta nicaraguense si era formato sot­to il se­gno della bohème francese e del parnasse contem­po­rai­n. Aveva con­dotto una vita sregolata, ec­ces­siva, di­spen­­­diosa, destinata a portarlo a una pre­ma­tura morte per cirrosi epa­tica a soli quarantanove anni. Ciò nono­stan­te, Darío non era mai riuscito a raggiungere del tutto la sta­tura, a cui forse un po’ aspirava, di poeta “male­detto”. Come Edgar Al­lan Poe, di cui aveva un vero e proprio culto, o come Ver­­laine, soprattutto, ido­­latrato fin dagli anni della gio­­vinezza. Ma Val­le-Inclán aveva ra­gione: Rubén Darío era trop­po since­ro, ingenuo e generoso. La fiducia e la simpatia che suscitava contribuirono alla sua affer­ma­zione come poe­ta e valsero a perdonargli gli aspetti più con­troversi della sua esi­­sten­za.

Rubén Darío era un uomo fragile: cedevole ai vizi, sen­sibile al fascino femminile, non riuscì mai a trovare un equilibrio con i sensi di colpa dovuti alla sua edu­cazione cattolica. Era tutt’anima, nudo, indifeso. La sua fede, vissuta tra lacerazioni e tor­menti, si con­frontava quotidianamente con il so­pran­­naturale, il dia­bolico, il m­agico, si mescolava alle super­stizioni e al­le leggende del Nicaragua e traeva forza dai ter­rori e dagli incubi che lo tormentavano fin dal­l’in­fanzia. Il suo desiderio di pe­ne­trare nel mistero dell’in­co­no­sci­bile lo portò a cercare una risposta alle proprie an­sie nell’esoterismo, nella teo­­­so­fia, nello spiritismo. Credeva e discredeva a tutto, seguendo le sue inclinazioni, i suoi timori, la sua in­fal­libile bussola poetica, ma spesso con scarso senso criti­co. Le co­siddette “scienze occul­te” lo at­traevano in ma­niera mor­­­bosa ma pure, inevitabil­men­te, lo riem­pi­va­no di in­­quietudine e di angoscia: gli ricordavano l’ap­pros­si­mar­­si del mistero della morte, che egli rap­pre­sentava come una donna bellissima e algida, una Diana implacabile, trion­fante, eternamente vergine.

In queste cifre si racchiudono alcune delle numerose te­ma­ti­che che attraversano la sua poesia – che ha trasformato la letteratura spagnola e per la quale Darío è giu­stamen­te famoso –, ma che sono anche fondamen­tali nei suoi testi in prosa. Ingiustamente oscurati dalla grandezza dell’opera poetica, i racconti di Darío sono invece una parte indispensabile del suo mondo letterario. Simbolisti, surreali, a volte metafisici, mol­to spesso autobiografici, i racconti dariani attingono a piene mani a tutto l’armamentario post-romantico, decaden­­ti­sta e modernista. A partire dai testi giovanili, in cui il narratore rievoca il mondo meraviglioso della mitologia greca, riscrive le leggende cavalleresche, attualizza i racconti di fate, viene sedotto dagli scenari esotici­ delle Mille e una notte e ripropone una sensualità neopagana in chiave moder­na, il Darío ma­turo si avventura in ter­ritori più oscuri e inquietanti. Dagli apologhi “morali”, ispirati alla Bib­bia o alle leg­gende agiografiche, in cui predomina l’afflato mistico, si arriva al vero e proprio racconto del ter­rore, do­ve al­lu­cinazioni indotte dalle droghe, ma­te­rializ­zazioni se­­­­­polcrali, feno­me­ni inspiega­bili e presenze dia­boliche, uni­te a un opprimente, in­delebile senso del pec­cato e della morte, trasfor­ma­no il suo mon­­do di ninfe, fate e principesse in una successione di incubi ter­rificanti.


Quest’edizione in due volumi (Voce lontana e Thanathopia) dei racconti fantastici di Rubén Darío, la più ampia fino a oggi pubblicata nel nostro Paese, è grosso modo organizzata secondo una scan­­sione tematica e cer­ca di dissipare la matassa delle mol­teplici influenze cul­turali e umane che filtrarono nel vasto corpus prosastico del grande autore nicaraguense. La cu­ratrice, A. Lau­ra Perugini, qui alla sua prima espe­­rienza di traduzione professionale, si è affidata alla com­­­pe­tenza e al­l’intuito di Dario Chioli – scrittore egli stes­so, nonché profondo cono­scitore di letteratura mi­stica ed esoterica – per mettere a fuoco quelle “zone di confine” della poe­­tica dariana che, sol­tan­to negli ultimi anni gli stu­diosi han­no cominciato ad analizzare in ma­­­niera critica. 
Da parte mia, posso solo augurarmi che la curatrice, rispettando una promessa che le ho estor­to, ci conse­gni presto le traduzioni dei racconti ancora inediti di Rubén Darío.

Oliviero Canetti
Cagliari, 3 novembre 2016


Recensione del blog La libreria di Yely:


Per maggiori informazioni, seguite i nostri link!

Thanathopiahttp://www.vocifuoriscena.it/catalogo/titoli-thanathopia.html
Voce lontanahttps://www.vocifuoriscena.it/catalogo/titoli-voce_lontana.html




Nessun commento:

Posta un commento