domenica 27 giugno 2021

Come nasce un romanzo: "Il prete nuovo" di Tina Caramanico


Non so se avete presente quando si sogna a occhi aperti. A volte capita quando si immagina come andrà l’incontro con una persona che ci piace, con cui magari si spera possa nascere qualcosa. E, nel fantasticare, si è sempre splendidi, spiritosi, con guizzi che sfiorano la genialità. Poi si va all’appuntamento, le ci si avvicina sorridenti, la si abbraccia, e lei dice «Mi hai pestato un piede».
Ecco, questa è la vita di solito. Quando va bene, s’intende, perché purtroppo è verissimo che la realtà supera l’immaginazione.

Ora, sia chiaro che non trascorro il mio tempo a farmi pare mentali su come potrebbero andare i rapporti con gli autori. Però è pur vero che da qualche parte, dentro di me, alberga il sogno che, una volta detto sì a un romanzo, poi tutto fili liscio (editing, collaborazione, intesa personale). 

Ecco, con Tina Caramanico è andata esattamente così.
Quando ho trovato nella casella di posta dei Ciottoli la sua mail, mi colpì una frase: “Vi ringrazio per il tempo e l’attenzione che potrete dedicare al mio testo”.
Non era il solito grazie detto per convenevoli, visto che prima non è che avesse scritto molto, solo l’educata proposta di leggere il suo romanzo. E così fu con curiosità che lessi Il prete nuovo

Ogni tanto mi chiedevo quanti anni potesse avere l’autrice di quel romanzo, ma non riuscivo a collocarla nel tempo. Trenta come settanta, ogni tanto mi dicevo. Perché, sì, c’erano tutti quei ricordi in controluce che facevano pensare a chi ha vissuto davvero gli anni Sessanta, ma nello stesso tempo spiazzava lo stile diretto, semplice, ma insieme curato e fresco.
E la protagonista, Bianca, poteva essere un alter ego dell’autrice così come un omaggio a sua madre o addirittura nonna. 

Più proseguivo la lettura, più mi appassionava la ricostruzione di quel piccolo mondo sconquassato dal seme del dubbio portato dal prete nuovo. E poco per volta iniziavo a conoscere l’autrice, la sua ironia, sensibilità, delicatezza e umanità. 

Il romanzo, una volta finita la lettura, mi risuonava dentro, e non trovavo pressoché nulla che non andasse, se non pochissimi passaggi da aggiustare leggermente. Insomma, Tina e Il prete nuovo mi avevano conquistato.
Raramente ammetto una cosa del genere, di solito non mi interessa l’autore, ma solo quel che ha scritto: si chiama etica professionale, e significa, in soldoni, che se Jack lo Squartatore avesse scritto Delitto e castigo (ma pare fosse ferrato solo sulla prima parte) non mi sarei fatta problemi a pubblicarlo, nonostante la sua nota carriera criminale. 

Non so se tutto quel che ho intuito di Tina leggendo il suo romanzo corrisponda al vero: non ho mai avuto modo di incontrarla personalmente, però a volte un romanzo parla anche del suo autore. Lo trovi tra le righe, riconosci i suoi dubbi, i travagli interiori, le aperture alla vita, i pensieri più meditati, forse addirittura quel che lui stesso di sé ancora non conosce. 

Claudia Maschio

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