Nella casella di posta dei Ciottoli arrivano ogni mese decine e decine di romanzi. Come prima cosa leggo la sinossi, poi la scheda dell’autore: poche informazioni che potrebbero sembrare ininfluenti rispetto al romanzo proposto, ma non è mai così, guarda caso.
La sinossi
Per chi non lo sapesse, una sinossi è un breve sunto del romanzo. In massimo due pagine, un autore deve riuscire a spiegare i contenuti del romanzo stesso, i suoi punti di forza, la struttura della trama, e pure convincere che sia il caso di pubblicarlo. Non è una cosa facile, sia chiaro, e non è dall’efficacia di una sinossi che mi faccio un’idea sul romanzo. A volte, addirittura, mi colpisce favorevolmente l’arrancare nel cercare di spiegare l’inspiegabile, l’ammissione di non riuscirci. Perché, diciamolo, è triste condensare un lavoro che è costato mesi, forse anni, in poche righe.
Quel che però mi colpisce sfavorevolmente è quando la sinossi è scritta con i piedi: sintassi sbracata come se si stesse al bar, punteggiatura con movenze da cubista inesperta, contenuti imbastiti su senza ago né filo, notizie sui personaggi alla stregua di rebus della “Settimana Enigmistica”.
Oppure quando mi trovo dinanzi a quelle che chiamo sinossi pubblicitarie: «Un romanzo complesso, ma intrigante, che riesce a far guardare oltre l’apparenza delle cose e con un finale da far tremare i polsi».
Spero capirete che declamazioni simili non andrebbero bene neppure per convincere un potenziale lettore della validità dell’opera, figuriamoci un editore!
Quel che in redazione cerchiamo non sono slogan pubblicitari raffazzonati su, ma i contenuti – espressi sinteticamente – del romanzo. E va detto tutto, anche come finisce: le sorprese si riservano alle amanti, non a chi confeziona un regalo per loro.
Mi rattrista che molti autori sottovalutino l’importanza della sinossi. Eppure è il loro biglietto da visita. E fa differenza presentarne uno dall’ortografia stropicciata e contenuti approssimativi rispetto a uno in frac, senza sbavature e in grado di affascinare.
La biografia
Forse non tutti hanno la mia fortuna. Per campare, mi tocca fare più lavori. E, per esempio, se voglio propormi come baby sitter, sto sul pezzo: ho cresciuto due figli, amo i bambini, ho pazienza da vendere, scrivo fiabe e ne invento ogni altro minuto, cose del genere (e vere).
Ora, perché uno che invia un romanzo a una casa editrice può pensare che abbia un qualche interesse se ha passato due anni a Panama e come mai è andato proprio lì? O che sa giocare a freccette e quante volte centra il bersaglio?
La biografia viene richiesta per sapere qualcosa sulla persona che ha scritto l’opera inviata. Quali sono i suoi interessi culturali, se ha già pubblicato in passato, quali sono i suoi autori preferiti e generi di riferimento, sempre se ce ne sono.
E anch’essa fa parte del biglietto da visita…
La selezione
Per sette anni mi sono occupata pressoché da sola di dire l’ultima parola sulle opere che arrivavano. La responsabilità di scelte simili, almeno a mio parere, è immensa. E sono felice che adesso questa responsabilità sia condivisa con Franco Ceradini, che oltre a essere un critico letterario è una persona di rara sensibilità e cultura.
Su ogni proposta letteraria – che entrambi leggiamo – ci confrontiamo, e talvolta non è affatto facile prendere una decisione. In questi casi rompiamo le scatole a Dario Giansanti, pietra miliare di Vocifuoriscena e una sorta di “già santo” (come il cognome suggerisce), visto che ci sopporta tutti.
Ciò che adoro nei nostri confronti è che siamo, come dire, una scatola di cioccolatini assortiti. Punti di vista diversi, retaggi culturali variegati, sfumature di sensibilità a volte alla crema, altre alla nocciola o al rum.
Ma è la pralina che finisce per metterci d’accordo: quel tocco di raffinatezza amalgamato alla sostanza che tutti e tre vogliamo e a cui non rinunceremmo per nulla al mondo.
Fuori di metafora, se decidiamo di dire sì a un’opera, di pubblicarla, è perché ci ha convinto, rapito in qualche modo, ma soprattutto perché sa dire qualcosa di nuovo, la verità inattesa che mancava.
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