mercoledì 21 ottobre 2020

Come nasce un libro: Il funerale di Edward Block

 



Qualche anno fa un’amica, che lavora per una grossa casa editrice italiana, mi disse: «Senti, ho letto il romanzo di un ragazzo, Zeno Toppan, e mi sembra molto promettente». 
«Bene, mi fa piacere. Quando lo pubblicate?»
Silenzio. Dopo una decina di secondi, ecco la risposta: «Io credo che ogni romanzo abbia bisogno della casa editrice giusta, non so se mi spiego…». 
Ci misi un attimo a fare due più due. Primo, la mia amica non intendeva proporlo alla casa editrice per cui lavorava. E, di conseguenza, lo stava proponendo a me
Ma perché?
«Perché le grandi case editrici vogliono vendere, commercializzare», mi rispose. «Invece a voi non importa nulla dei soldi.»
Oddio, anch’io devo arrivare alla fine del mese… Ma come rifiutare?

Il funerale di Edward Block???

Quando arrivò il manoscritto di Zeno Toppan, mi incuriosì il titolo. Pensai che ci voleva del coraggio per sceglierne uno simile, e anche che, nel caso avessi pubblicato il romanzo, lo avrei cambiato di corsa
Lessi la sinossi, qualche pagina random e ne rimasi colpita. 
In quel periodo, tuttavia, stavo già lavorando ad altri due editing, così passai Il funerale di Edward Block a un selezionatore di Vocifuoriscena. 
«L’incipit non funziona, devo proseguire?», questo il riscontro che ricevetti dopo una settimana. 
Gli dissi di lasciar perdere, volevo occuparmene io: per esperienza, so che gli incipit dei romanzi sono il punto dolente di ogni scrittore, così come tante volte i finali di capitolo
In effetti le prime pagine erano un po’ ridondanti, non arrivavano al dunque con la giusta immediatezza. 
Continuai ugualmente a leggere.
Ogni tanto inciampavo in qualche passaggio (e mi segnavo a lato “da migliorare,”), tornavo indietro a rileggere, annotavo appunti, e mi ponevo dubbi uno dietro l’altro.
Mi rendevo conto che la struttura c’era, che la trama riusciva a calamitarmi, ma ogni volta che mi confrontavo con gli altri “addetti ai lavori” di Vocifuoriscena sentivo sempre la stessa tiritera: «Sei sicura di volerlo pubblicare?». 
Sicura no, non lo sono mai. Ma sentivo che non era il caso di mollare.

Cosa mi ha convinto

A tratti Edward Block mi ricordava Bartleby lo scrivano, l’uomo insignificante, metodico e a suo modo ribelle di Melville, o meglio ancora il giardiniere Chance nel romanzo Being There (in italiano Presenze) di Jerzy Kosinski (consacrato al successo dalle strepitose interpretazioni di Peter Sellers e Shirley MacLaine nel film Oltre il giardino).
Con una differenza: Edward Block, una volta diventato – con suo immenso stupore – un artista di fama mondiale, sa benissimo cosa significa.
Ed è proprio da questa consapevolezza che nasce il suo travaglio interiore: era questo che voleva?
E, se sì, a che prezzo?
Nel romanzo c’erano dubbi, non una verità a portata di mano. C’era lo sguardo di un artista sul mondo e la sua pochezza.
O almeno è questo che ho visto io. 

Il lavoro di editing

Seppur ormai decisa a pubblicare Il funerale di Edward Block, mi rendevo conto che alcune ingenuità e spiegazioni di troppo rischiavano di appesantirlo. 
Così ne parlai a Zeno Toppan: dei passaggi andavano rivisti, soprattutto l’incipit. 
Devo dire che rimasi stupefatta dalle sue parole: «So bene di avere ancora molto da imparare: lavoriamo insieme a rendere migliore il mio romanzo, se sei disposta a farlo». 
Ma come?
Non era uno dei soliti autori supponenti che si inalberano se solo gli contesti una virgola?
Mia risposta: «Dammi del tu. E cominciamo». 
Dopo tre mesi di confronto, lavoro di limatura e sistemazione, Il funerale di Edward Block era pronto per la pubblicazione.
E, inutile dirlo, a quel punto avevo compreso che il titolo scelto da Zeno Toppan era perfetto.  


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