venerdì 24 settembre 2021

August Nordenskiöld, un utopista finlandese

 


Tra il 2017 e il 2018 la casa editrice Vocifuoriscena ha pubblicato la traduzione italiana del dittico Gli alchimisti di Antti Tuuri (Alkemistit. Maallinen rakkaus, “Un amore terreno” 2013 e Alkemistit II. Taivaalliset Häät, “Le nozze celesti” 2014), meticolosa ricostruzione della vita e dell’esperimento alchemico di August Nordenskiöld, nobile swedenborghiano e mineralogista che, su incarico di re Gustavo III, tentò d’intraprendere la fabbricazione dell’oro mettendo a punto un metodo proprio elaborato sulla base dell’approccio dell’abate e alchimista francese Antoine-Joseph Pernety.
L’incredibile vita dell’illustre figlio di Finlandia era già stata oggetto di un feuilleton, L’alchimista del re (Konungens Guldmakare, 1943) dello scrittore e giornalista finno-svedese Dag Hemdal.
Antti Tuuri ha voluto restituire una dimensione storica alla figura di Nordenskiöld riproponendone la travagliata biografia ricostruita con perizia dal diario dell’agrimensore Carl Fredrik Bergklint (1763 – 1824), discendente per parte di madre della nobile famiglia dei Godenhielm, adottato dai Nordenskiöld e cresciuto nella tenuta
di Frugård (oggi Alikartano) presso Mäntsälä.
August scelse il giovane come aiutante nell’impresa dell’arte regia basandosi su analisi fisiognomiche in voga all’epoca ma, ben presto, le sue virtù di raziocinio e caparbietà rivelarono la verace caratura spirituale del soggetto che, meritoriamente, nei romanzi di Tuuri prende la forma dell’io narrante.
In una sorta di articolata didascalia iniziatica il punto di vista del narratore, nel secondo capitolo del dittico, viene a sovrapporsi a quello di Christian Rosenkreutz, figura centrale delle Nozze Chimiche, testo che Carl ricevette dall’occultista finlandese Gustaf Björnram.
Nel romanzo di Tuuri queste sovrapposizioni narrative e le reciproche eccentricità dei due personaggi non adombrano la figura di August Nordenskiöld, il carattere in bilico tra edonismo e spiritualità illuminista nonché la portata morale della sua dedizione all’opera.
Pur dedito alla scienza sacra e alle discipline occulte, il nobile alchimista intraprese la fabbricazione dell’oro con il solo scopo di farne crollare il prezzo, liberando così l’umanità dalla schiavitù del denaro, come scrisse a chiare lettere in uno studio sulla pietra filosofale, Spiritual Philosopher’s Stone, testo pubblicato
a Londra dove si trovava per incarico del collegio minerario di Svezia: «But for the Destruction of natural Evil, which is the Tyranny of Money, the Foundation [la chiesa swedenborghiana della Nuova Gerusalemme (n.d.C.)] cannot be laid, before Alchemy becomes a general Art, and the Philosopher’s Stone, is universally known». Nel corso dell’esperimento gli obiettivi e gli interessi di August entrarono in conflitto con quelli dell’ambiguo barone (dal 1788 conte) finlandese Adolf Fredrik Munk, mastro stalliere del re e figura tra le più influenti della corte reale che, nella vicenda, svolse poco limpidamente le funzioni di intermediario tra Nordenskiöld e Sua Maestà.

Lo scenario, l’entourage intellettuale del Regno di Svezia, era all’epoca fortemente permeato da  dottrina swedenborghiana, massoneria, occultismo e teosofia rosacrociana, discipline nelle quali l’intelligencija finlandese aveva autorevoli esponenti, i citati Munk e Björnram, quest’ultimo segretario e traduttore dal finlandese per il duca Carlo, fratello minore di Gustavo e successore al trono dopo l’assassinio di questi. Raramente le dottrine iniziatiche erano del tutto avulse dalle trame del tessuto politico, come dimostra la vicenda di un altro occultista finlandese, Gustav Adolf Reuterholm che profittò dell’interesse del duca Carlo verso la massoneria, lo spiritismo e l’ordine segreto di Valhalla, da lui fondato a Sveaborg (Suomenlinna), per consolidare l’influenza sul duca stesso e attuare le sue mire di potere dopo la morte di Gustavo.


Caspar David Friedrich, 
Zwei Männer in Betrachtung des Mondes 
(1819/1820).
Wikimedia Commons.

August Nordenskiöld nacque nel 1750 nella tenuta di Frugård da Carl Fredrik Nordenberg (1702 – 1779), maggiore e poi colonnello, e da Hedvig Märta Ramsay (1771 – 1759), svedese di nascita. Studiò metallurgia all’Università di Turku con il professor Pehr Adrian Gadd, primo docente finlandese di chimica.
L’interesse per le discipline occulte fu trasmesso ad August dallo zio paterno, Magnus Otto Nordenberg (1705 – 1756), figura altrettanto complessa ed eclettica. Condotti studi scientifici all’Università di Uppsala, questi si era occupato di teosofia e di alchimia; aveva scritto per l’Accademia di Svezia uno studio sull’argomento,
Urimm och Thummim (1750), testo che ebbe grande influenza sul nipote.
Dopo alcuni viaggi in Olanda, Inghilterra, Francia e Italia, Magnus Otto aveva dato corpo a un progetto per una segheria azionata da un mulino a vento, impianto realizzato sull’isola di Kaunissaari (svedese Fagerö) nell’arcipelago di Sipoo. Il tentativo di creare un insediamento industriale modello era stato ostacolato dallo scoppio della Guerra russo-svedese del 1741-1743: l’esercito della zarina Elisabetta aveva raso al suolo quel poco che era riuscito a costruire. Intenzionato a proseguire gli studi dello zio, nel 1771, a soli diciassette anni, August tentò il primo esperimento alchemico in un laboratorio costruito accanto al fiume Mäntsälänjoki presso Frugård.

Sull’
esito della sua prima impresa non vi è purtroppo la testimonianza di alcun documento. Nel 1779, su volere del re, si recò per la prima volta in Inghilterra per approfondire lo studio dell’alchimia; pubblicò uno scritto, A plain system of Alchemy, con l’intento di dimostrare la scientificità del metodo alchemico. Tale approccio venne poi approfondito in un lavoro successivo in lingua svedese, terminato durante l’inaugurazione del nuovo laboratorio a Uusikaupunki, Aldeles Fullständigt Begrep om Den Enda och Sanna Alchemiska Processen (“Completa definizione del solo e unico processo alchemico”) nel quale, specificando che, dietro il fenomeno fisico, presiedono principi metafisici, viene supposto che, con un processo specifico basato sull’esposizione a soluzione e coagulazione per dieci o quindici mesi, l’oro, nella sua indivisibilità chimica, si trasformi nel Lapis Philosophorum in grado di generare altro oro ad infinitum. August scrisse a Sua Maestà e affermò di voler mettere le sue conoscenze scientifiche al servizio della corona. Re Gustavo lo convocò a Stoccolma dove, nel 1779, gli venne messo a disposizione un laboratorio per i suoi esperimenti i quali, però, non diedero i risultati sperati.
Lo stesso anno sposò Anna Charlotta Eckholm (1756 – 1800), figlia di un notaio d’asta e collezionista.

Nel 1782 venne nominato direttore del collegio minerario di Finlandia, incarico che lo portò a risiedere a lungo nella patria natia. In quegli anni si consolidò la sua fama presso la Società Swedenborghiana, scrisse articoli per l’organo del movimento religioso, il quotidiano “Aftonbladet” che, di lì a poco, avrebbe cessato la propria attività. Il suo approccio alla dottrina di Swedenborg era tuttavia del tutto particolare: la scomposizione della materia negli elementi primari era per August il segno della consustanzialità tra la materia organica (attinente al mondo spirituale) e quella inorganica (attinente al mondo materiale) della quale fanno parte i tre elementi, aria acqua e terra che ricevono l’influenza trasformatrice del sole materiale. Nordenskiöld introdusse così nella fisiologia spirituale swedenborghiana un elemento ad esso estraneo, il “riscatto etico” della materia e, per esteso, dell’umanità attraverso la pietra filosofale.

Nel 1785 intraprese un nuovo esperimento alchemico scegliendo come sede la piccola città di Uusikaupunki, circa settanta chilometri a nord di Turku. Oberato dai debiti e costretto a partire per Stoccolma alla ricerca di finanziatori, August cercò un aiutante e convocò Carl Bergklint la cui fede nel valore scientifico del pensiero di Swedenborg era pari alla sua diffidenza nei confronti del magnetismo animale e di analoghe dottrine spiritistiche che, proprio in quegli anni, stavano attirando l’interesse delle classi alte.

Nel 1787, ultimata la costruzione del forno e del crogiolo, l’opera ebbe inizio ma venne interrotta prima del tempo per una negligenza nell’applicazione del procedimento. August scrisse al fratello Adolf Gutav (1745 1821) manifestando l’intenzione di intraprendere un nuovo esperimento a Frugård ma, con i documenti in nostro possesso, non sappiamo se l’impresa ebbe effettivamente inizio. Il barone Munck, incaricato dal re di seguire la fabbricazione dell’oro, propose ai due alchimisti di ricominciare l’opera a Stoccolma in una costruzione situata nei giardini del castello reale di Drottiningholm: a novembre dello stesso anno August e Carl si trasferirono nella capitale, l’opera venne intrapresa osservando la massima riservatezza: il luogo fu tenuto segreto e i due alchimisti lavorarono sotto mentite spoglie. I due forni corrispondenti ad altrettanti procedimenti sperimentali, Ars brevis (sviluppo dell’oro sotto i frantumi della “membrana generatrice”) e Ars longa (moltiplicazione all’interno della membrana stessa), vennero accesi nel marzo del 1788.

Il procedimento stava avendo luogo nel modo sperato ma subì perturbazioni dovute alle crescenti pressioni di Munck sull’esperimento dei due alchimisti. Nordenskiöld era disposto a cedere al regno i segreti del Lapis Philosophorum a condizione che gli swedenborghiani fossero stati resi liberi di professare la propria dottrina; inoltre egli chiese di fondare una comunità di seguaci in Africa, sotto l’egida della corona. Ancora una volta l’eccessivo calore compromise lo sviluppo della membrana generatrice e fu necessario interrompere l’esperimento.
Nel laboratorio e nell’attigua fabbrica di acido nitrico Munck, da poco ricevuto il titolo di conte, diede inizio a un’attività di falsificazione, probabilmente con il silente assenso di Sua Maestà: rubli russi e banconote emesse per finanziare le attività belliche nella Guerra russo-svedese del 1788-1790 (i così detti fahnehielmare).

Dopo la morte di Gustavo, Munck venne messo sotto accusa e scappò in Italia, insediandosi nella Villa di Volpignano presso Massa. Venne ritenuto responsabile anche Carl Bergklint ma, successivamente, fu prosciolto dalle accuse perché estraneo al fatto. Amareggiato dal fallimento dell’esperimento, August Nordenskiöld riuscì comunque a vedere pubblicato l’ultimo suo scritto sull’alchimia,  il citato Spiritual Philosopher’s Stone, An Address to the True Members of the New Jerusalem Church, opera nella quale egli tentò di coniugare la scienza alchemica allo swedenborghismo, dottrina ancora influenzata dallo scetticismo del maestro nei confronti dell’Ars Magna. August non volle prendere parte ad altre sperimentazioni ma Carl Bergklint, su suo incarico, proseguì la cottura dell’oro nel laboratorio di Drottningholm fino al 1790.

Compiuti alcuni viaggi in Europa per diffondere la dottrina di Swedenborg, nel 1792 Nordenskiöld partì per l’Africa con una spedizione condotta da mineralogisti inglesi e dal botanico svedese Adam Afzelius per conto della British Sierra Leone Company. Raggiunse la colonia inglese con l’intento di dare corpo a una comunità utopistica cui aveva delineato i tratti nell’opera Plan for a free Community upon the Coast of Africa under the Protection of Great Britain; but Intirely Independent of All European Laws and Governments (1789), testo scritto a quattro mani con l’amico Carl Bernhard Wadström, figura centrale dell’abolizionismo svedese.

Sulla morte dell’alchimista non vi sono testimonianze storiche attendibili. Si è detto fosse stato aggredito da un gruppo di indigeni, forse in relazione alle sue posizioni abolizioniste. Nella biografia del grande alchimista finlandese anche l’epilogo è un’allegoria ermetica: la decomposizione della nigredo come sacrificio dell’utopia nel crogiolo della libertà.





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