Tra il 2017 e il 2018 la casa editrice Vocifuoriscena ha pubblicato la traduzione italiana del dittico Gli alchimisti di Antti Tuuri (Alkemistit. Maallinen rakkaus, “Un amore terreno”
2013 e Alkemistit II. Taivaalliset Häät, “Le nozze celesti” 2014), meticolosa
ricostruzione della vita e dell’esperimento alchemico di August Nordenskiöld,
nobile swedenborghiano e mineralogista che, su incarico di re Gustavo III,
tentò d’intraprendere la fabbricazione dell’oro mettendo a punto un metodo proprio elaborato sulla
base dell’approccio dell’abate e alchimista francese Antoine-Joseph Pernety.
L’incredibile vita dell’illustre figlio di Finlandia era già stata oggetto di
un feuilleton, L’alchimista del re (Konungens Guldmakare, 1943) dello
scrittore e giornalista finno-svedese Dag Hemdal.
Antti Tuuri ha voluto
restituire una dimensione storica alla figura di Nordenskiöld riproponendone la
travagliata biografia ricostruita con perizia dal diario dell’agrimensore Carl
Fredrik Bergklint (1763 – 1824), discendente per parte di madre della nobile
famiglia dei Godenhielm, adottato dai Nordenskiöld e cresciuto nella tenuta di Frugård (oggi
Alikartano) presso Mäntsälä.
August scelse il giovane come aiutante nell’impresa dell’arte regia basandosi
su analisi fisiognomiche in voga all’epoca ma, ben presto, le sue virtù di
raziocinio e caparbietà rivelarono la verace caratura spirituale del soggetto
che, meritoriamente, nei romanzi di Tuuri prende la forma dell’io narrante.
In
una sorta di articolata didascalia iniziatica il punto di vista del narratore,
nel secondo capitolo del dittico, viene a sovrapporsi a quello di Christian
Rosenkreutz, figura centrale delle Nozze Chimiche, testo che Carl ricevette
dall’occultista finlandese Gustaf Björnram.
Nel romanzo di Tuuri queste
sovrapposizioni narrative e le reciproche eccentricità dei due personaggi non
adombrano la figura di August Nordenskiöld, il carattere in bilico tra edonismo e
spiritualità illuminista nonché la portata morale della sua dedizione
all’opera.
Pur dedito alla scienza sacra e alle discipline occulte, il nobile
alchimista intraprese la fabbricazione dell’oro con il solo scopo di farne
crollare il prezzo, liberando così l’umanità dalla schiavitù del denaro, come
scrisse a chiare lettere in uno studio sulla pietra filosofale, Spiritual Philosopher’s Stone, testo
pubblicato a Londra
dove si trovava per incarico del collegio minerario di Svezia: «But
for the Destruction of natural Evil, which is the Tyranny of Money, the Foundation [la chiesa
swedenborghiana della Nuova Gerusalemme (n.d.C.)]
cannot be laid, before Alchemy becomes a general Art, and the Philosopher’s
Stone, is universally known». Nel
corso dell’esperimento gli obiettivi e gli interessi di August entrarono in conflitto
con quelli dell’ambiguo barone (dal 1788 conte) finlandese Adolf Fredrik Munk,
mastro stalliere del re e figura tra le più influenti della corte reale che,
nella vicenda, svolse poco limpidamente le funzioni di intermediario tra Nordenskiöld e Sua
Maestà.
Lo scenario, l’entourage
intellettuale del Regno di Svezia, era all’epoca fortemente permeato
da dottrina swedenborghiana, massoneria,
occultismo e teosofia rosacrociana,
discipline nelle quali l’intelligencija finlandese aveva autorevoli
esponenti, i citati Munk e Björnram, quest’ultimo segretario e traduttore dal
finlandese per il duca Carlo, fratello minore di Gustavo e successore al trono
dopo l’assassinio di questi. Raramente le dottrine iniziatiche erano del tutto
avulse dalle trame del tessuto politico, come dimostra la vicenda di un altro
occultista finlandese, Gustav Adolf Reuterholm che profittò dell’interesse del duca Carlo verso la massoneria, lo spiritismo e l’ordine segreto di Valhalla,
da lui fondato a Sveaborg (Suomenlinna), per consolidare l’influenza sul duca stesso e attuare le sue mire di
potere dopo la morte di Gustavo.
Caspar David Friedrich, Zwei Männer in Betrachtung des Mondes (1819/1820). Wikimedia Commons. |
August Nordenskiöld nacque nel 1750 nella tenuta
di Frugård da Carl Fredrik Nordenberg (1702 – 1779), maggiore e poi colonnello,
e da Hedvig Märta Ramsay (1771 – 1759), svedese di nascita. Studiò metallurgia
all’Università di Turku con il professor Pehr Adrian Gadd, primo docente
finlandese di chimica.
L’interesse per le discipline occulte fu trasmesso ad
August dallo zio paterno, Magnus Otto Nordenberg (1705 – 1756), figura
altrettanto complessa ed eclettica. Condotti studi scientifici all’Università
di Uppsala, questi si era occupato di teosofia e di alchimia; aveva scritto per
l’Accademia di Svezia uno studio sull’argomento, Urimm och Thummim (1750), testo
che ebbe grande influenza sul nipote.
Dopo alcuni viaggi in Olanda,
Inghilterra, Francia e Italia, Magnus Otto aveva dato corpo a un progetto per
una segheria azionata da un mulino a vento, impianto realizzato sull’isola di
Kaunissaari (svedese Fagerö) nell’arcipelago di Sipoo. Il tentativo di creare
un insediamento industriale modello era stato ostacolato dallo scoppio della Guerra russo-svedese del 1741-1743: l’esercito della zarina Elisabetta
aveva raso al suolo quel poco che era riuscito a costruire. Intenzionato a
proseguire gli studi dello zio, nel 1771, a soli diciassette anni, August tentò
il primo esperimento alchemico in un laboratorio costruito accanto al fiume Mäntsälänjoki presso Frugård.
Sull’esito della sua prima impresa non vi
è purtroppo la testimonianza di alcun documento. Nel 1779, su volere del re, si
recò per la prima volta in Inghilterra per approfondire lo studio
dell’alchimia; pubblicò uno scritto, A plain system of Alchemy, con
l’intento di dimostrare la scientificità del metodo alchemico. Tale approccio
venne poi approfondito in un lavoro successivo in lingua svedese, terminato durante l’inaugurazione del nuovo laboratorio a
Uusikaupunki, Aldeles Fullständigt Begrep om Den Enda
och Sanna Alchemiska Processen (“Completa definizione del solo e unico processo alchemico”) nel quale, specificando che, dietro il fenomeno
fisico, presiedono principi metafisici, viene supposto che, con un processo
specifico basato sull’esposizione a soluzione e coagulazione per dieci o
quindici mesi, l’oro, nella sua indivisibilità chimica, si trasformi nel Lapis
Philosophorum in grado di
generare altro oro ad infinitum.
August scrisse a Sua Maestà e affermò di voler mettere le sue conoscenze scientifiche al servizio della corona. Re Gustavo lo
convocò a Stoccolma dove, nel 1779, gli venne messo a disposizione un
laboratorio per i suoi esperimenti i quali, però, non diedero i risultati
sperati.
Lo stesso anno sposò Anna Charlotta Eckholm (1756 – 1800), figlia di un notaio d’asta e
collezionista.
Nel 1782 venne nominato direttore del collegio minerario di
Finlandia, incarico che lo portò a risiedere a lungo nella patria natia. In
quegli anni si consolidò la sua fama presso la Società Swedenborghiana, scrisse
articoli per l’organo del movimento religioso, il quotidiano “Aftonbladet” che,
di lì a poco, avrebbe cessato la propria attività. Il suo approccio alla
dottrina di Swedenborg era tuttavia del tutto particolare: la scomposizione
della materia negli elementi primari era per August il segno della
consustanzialità tra la materia organica (attinente al mondo spirituale) e
quella inorganica (attinente al mondo materiale) della quale fanno parte i tre
elementi, aria acqua e terra che ricevono l’influenza trasformatrice del sole materiale. Nordenskiöld introdusse così
nella fisiologia spirituale swedenborghiana un elemento ad esso estraneo, il
“riscatto etico” della materia e, per esteso, dell’umanità attraverso la pietra
filosofale.
Nel 1785 intraprese un nuovo esperimento alchemico scegliendo come
sede la piccola città di Uusikaupunki, circa settanta chilometri a nord di
Turku. Oberato dai debiti e costretto a partire per Stoccolma alla ricerca di finanziatori,
August cercò un aiutante e convocò Carl Bergklint la cui fede nel valore
scientifico del pensiero di Swedenborg era pari alla sua diffidenza nei
confronti del magnetismo animale e di analoghe dottrine spiritistiche che,
proprio in quegli anni, stavano attirando l’interesse delle classi alte.
Nel
1787, ultimata la costruzione del forno e del crogiolo, l’opera ebbe inizio ma
venne interrotta prima del tempo per una negligenza nell’applicazione del
procedimento. August scrisse al fratello Adolf Gutav (1745 – 1821) manifestando
l’intenzione di intraprendere un nuovo esperimento a Frugård ma, con i
documenti in nostro possesso, non sappiamo se l’impresa ebbe effettivamente inizio. Il barone Munck, incaricato dal re di
seguire la fabbricazione dell’oro, propose ai due alchimisti di ricominciare
l’opera a Stoccolma in una costruzione situata nei giardini del castello reale
di Drottiningholm: a novembre dello stesso anno August e Carl si trasferirono nella capitale, l’opera venne intrapresa osservando la massima
riservatezza: il luogo fu tenuto segreto e i due alchimisti lavorarono sotto
mentite spoglie. I due forni corrispondenti ad altrettanti procedimenti
sperimentali, Ars brevis (sviluppo
dell’oro sotto i frantumi della “membrana generatrice”) e Ars longa (moltiplicazione all’interno della membrana stessa),
vennero accesi nel marzo del 1788.
Il procedimento stava avendo luogo nel modo
sperato ma subì perturbazioni dovute alle crescenti pressioni di Munck
sull’esperimento dei due alchimisti. Nordenskiöld era disposto a cedere al
regno i segreti del Lapis Philosophorum a
condizione che gli swedenborghiani fossero stati resi liberi di professare la
propria dottrina; inoltre egli chiese di fondare una comunità di seguaci in
Africa, sotto l’egida della corona. Ancora una volta l’eccessivo calore
compromise lo sviluppo della membrana generatrice e fu necessario interrompere
l’esperimento.
Nel laboratorio e nell’attigua fabbrica di acido nitrico Munck,
da poco ricevuto il titolo di conte, diede inizio a un’attività di
falsificazione, probabilmente con il silente assenso di Sua Maestà: rubli russi
e banconote emesse per finanziare le attività belliche nella Guerra
russo-svedese del 1788-1790 (i così detti fahnehielmare).
Dopo la morte di Gustavo, Munck venne messo sotto accusa e scappò in Italia,
insediandosi nella Villa di Volpignano presso Massa. Venne ritenuto
responsabile anche Carl Bergklint ma, successivamente, fu prosciolto dalle
accuse perché estraneo al fatto. Amareggiato dal fallimento dell’esperimento,
August Nordenskiöld riuscì
comunque a vedere pubblicato l’ultimo suo scritto sull’alchimia, il citato Spiritual Philosopher’s Stone,
An Address to the True Members of the New Jerusalem Church, opera nella quale egli tentò di coniugare
la scienza alchemica allo swedenborghismo, dottrina ancora influenzata dallo
scetticismo del maestro nei confronti dell’Ars Magna. August non volle prendere parte ad altre sperimentazioni ma Carl
Bergklint, su suo incarico, proseguì la cottura dell’oro nel laboratorio di
Drottningholm fino al 1790.
Compiuti alcuni
viaggi in Europa per diffondere la dottrina di Swedenborg, nel 1792
Nordenskiöld partì per l’Africa con una spedizione condotta da mineralogisti
inglesi e dal botanico svedese Adam Afzelius per conto della British Sierra
Leone Company. Raggiunse la colonia inglese con l’intento di dare corpo a una
comunità utopistica cui aveva delineato i tratti nell’opera Plan for a free Community upon the Coast of Africa under
the Protection of Great Britain; but
Intirely Independent of All European Laws and Governments (1789),
testo scritto a quattro mani con l’amico Carl Bernhard Wadström, figura
centrale dell’abolizionismo
svedese.
Sulla morte dell’alchimista non vi sono testimonianze storiche
attendibili. Si è detto fosse
stato aggredito da un gruppo di indigeni, forse in relazione alle sue posizioni
abolizioniste. Nella biografia del grande alchimista finlandese anche l’epilogo
è un’allegoria ermetica: la decomposizione della nigredo come sacrificio
dell’utopia nel crogiolo della libertà.
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