lunedì 20 settembre 2021

Come nasce un romanzo: “L’ottimismo necessario” di Luca Fancello

 


Luca Fancello è il vincitore del concorso letterario Scriviamo il futuro, indetto da Vocifuoriscena insieme al webmagazine Duegradi e al gruppo di attivisti Fridays for future di Verona.
C’erano anche altri tre racconti premiati e giudicati di rilievo, ma l’emergenza Covid ha reso impossibili tante cose, tra le quali questa, ossia una manifestazione pubblica per riconoscere il valore dei vincitori.
Così, quando Luca Fancello mi ha proposto di leggere il romanzo da cui aveva tratto il racconto vincitore del concorso, gli ho subito detto di sì. Non solo per un senso di colpa, come potrebbe sembrare, ma perché ero davvero incuriosita. 

Il mistero delle lungaggini

Inizialmente – per una serie di problemi personali – se ne è preso cura Franco Ceradini, che mi teneva via via aggiornata e con cui discutevamo tutto.
La cosa che risultava stridente a Franco era che il romanzo ci fosse eccome, ma con delle lungaggini che sembravano appiccicate lì senza motivo.
Ho chiesto qualche ragguaglio a Luca e la risposta è stata disarmante: si era affidato a un editor per la revisione del testo, e costui gli aveva suggerito di rimpolparlo con qualche aggiunta, sennò il romanzo sarebbe stato “troppo corto”.
Cosa vuol dire che un romanzo è troppo corto?
Assolutamente niente. Non è il numero di parole che fa di un testo un capolavoro, ma come danzano insieme, il suono che ti arriva al cuore del loro senso, la capacità che hanno di trascinarti via da dove stai e portarti in un luogo che pensavi di non conoscere e che invece abiti da tempo; oppure quella di farti vedere la realtà con occhi nuovi, per farli inorridire, oppure per spalancarteli a prospettive mai prima considerate. Questa è la letteratura. 

La revisione del romanzo

Dopo avergli esposto il nostro punto di vista, abbiamo consigliato a Luca di fare, come dire, un passo indietro. Lui ha subito capito, ci abbiamo anche riso sopra, solo che non è il tipo da accontentarsi del minimo sindacale. Quindi, su ogni segnalazione di Franco e mia, ha riconsiderato quanto aveva scritto, cambiato, aggiunto, stravolto il testo originale.
In questo suo percorso – durato circa tre mesi – ogni tanto ci sentivamo per scambi di vedute sul romanzo, e ogni volta Luca mi diceva che non era ancora soddisfatto, che aveva bisogno di tempo per cambiare, riscrivere, e che tanti nostri appunti erano per lui divenuti stimoli per migliorare e anche cambiare quanto aveva scritto in precedenza.
Nel corso delle nostre telefonate, ho anche avuto modo di conoscerlo un po’, seppure a distanza, sia per via del covid, sia perché non è esattamente una passeggiata incontrarsi di persona quando una vive a Negrar di Valpolicella e l’altro in Sardegna. Comunque sia, lo confesso: con gli autori non si parla solo di letteratura, del loro romanzo, di come impaginarlo e del contratto con la casa editrice.
E questo, probabilmente, è l’aspetto più importante, assolutamente da non dare per scontato: per quanto possa essere valido un romanzo, se non si instaura un’intesa tra editor e autore, se il rapporto umano non decolla, è difficile trovare la sintonia giusta per proseguire

L’ottimismo necessario

Tutti abbiamo sentito parlare di desaparecidos, ma cosa è stato vivere in Argentina ai tempi del generale Videla?
In una sorta di flusso di memoria che scorre avanti e indietro nel tempo, il protagonista Tomás – di professione videomaker – ci racconta il film della sua vita, nella quale si intrecciano le storie della madre naturale Anna (morta dopo indicibili torture), della madre adottiva Carmen, che si prende cura di lui portandolo via da Buenos Aires, e di Tomás stesso, ancora una volta in un continuo andirivieni tra passato e presente.
Prima ancora di conoscere Luca, il romanzo mi aveva colpito molto, e per tre ragioni: il grande respiro dello stile, mai esagerato nelle metafore, e sempre a servizio dei concetti da esprimere o dei fatti da narrare; l’invisibilità del giudizio da parte dell’autore e, visti i temi trattati, non era affatto semplice riuscirci; infine l’ultima, forse la più importante: alla stregua di un fuoco interiore e indomabile, una verità mai detta apertamente, ma che emerge dal testo e si svela al lettore frase dopo frase, rendendosi riconoscibile nella sua duplice veste di bellezza e orrore.

Lo spunto da storie realmente accadute

Poco conta che il romanzo si ispiri a storie di persone che Luca ha conosciuto e che hanno vissuto gli indicibili soprusi della dittatura in Argentina, semmai è rilevante il modo in cui il tutto è stato rielaborato, fatto proprio e profondamente intimo.
Lo si avverte dai valori che, pur senza mai essere descritti, assurgono a protagonisti assoluti: la condivisione, la solidarietà, il coraggio, la difesa della libertà a tutti i costi; ma anche dalle emozioni e sentimenti che accompagnano i protagonisti, dalla compassione alla fierezza, dal dolore alla ricerca di riscatto, dall’amicizia all’amore capace di crescere anche su un terreno devastato dall’odio e dalle prevaricazioni. 


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