giovedì 25 febbraio 2021

La prosa “indomita” di Simona Friuli


Simona, cosa vuol dire, secondo te, avere successo come scrittore?

Lo scrittore di successo è lo scrittore morto, di cui si può, finalmente, dire del bene.

Come reagisci alla sindrome della pagina bianca?

Non “pagina bianca”, piuttosto condizione di mutismo, ma assoluto o, ancora, sfiducia nella Parola – che serva, che salvi, che sia guida, che possa, poi, qualcosa –, per cui è impensabile parlare. Allora si sta zitti, fino a che non viene nuovo sentire, ovvero finché non manca il canto, forse. 

In generale, hai tu il controllo dei personaggi o loro fanno quello che vogliono?

Personaggi non sempre: quello che scrivo ora, nel segreto, non ne ha – non così come si legge sempre, forse. Li desidero coerenti, per integrità, e pecco. 

Da dove nasce la raffinatezza, oserei dire musicale, della tua prosa?

È prosa che nasce nella musica – prosa come musica, prosa-musica – per essere cantata: seguo il canto, con le orecchie. 

In Indomite troviamo una varietà di personaggi femminili, eroine di fiabe assai note, ridipinte con sferzate di poetica rabbia: come hai conciliato rabbia e poesia?

Sono dello scrivere senza scopo, per solo desiderio (o vocazione), senza fine che non sfoci nella Voce, e vi pratico assieme l’arte del fromboliere – che si gioca in esattezza. Scagliare sassi, quindi, e andare a segno, e ferire. Fare guerra di voce: è un temporale – contesa generatrice. 

Quale dei tuoi personaggi vorresti essere, e perché?

Mi sento – non tutta, ma qualcosa – la mia Rossa, ma la vita scolora; forse, adesso, sono la Indomita di tutte più rovinata, la Domata. Mi manca, con ammirazione, la forza di Bambina – certo, fu aiutata dalle Fate – e questo mi auguro. O forse, mi ostino: la vita sciolta della Rossa. 

Qual è il libro migliore che non hai scritto?

Agli antipodi per lingua, ma di mie sorelle o fratelli di male: coincidenza, voce amica, consolazione. I miei-non miei: gli scritti tutti della Ortese, che mi mette le mani in cuore – anche io sempre esclusa dalla Festa –; Buongiorno, mezzanotte, di Jean Rhys, o il suo Viaggio nel buio; Il Castello, o Il Processo di Franz Kafka; le Poesie di Sylvia Plath. Tutti per comune sentire; oggi questi – anni fa, avrei parlato delle Cime Tempestose.
Avrei voluto essere, però, Giorgio Colli, invece, o Kerényi, o Diano, o Eliade
Gran peccato e spreco. 

Se tu non avessi fatto la scrittrice, quale sarebbe stato il piano B?

Mondo è inabitabile. Senza esposizione, che non sia Gioco almeno, la burattinaia; o la rosaista, o, di più, fare musica col sax. La Voce non mi ha servita bene, in altro campo.


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